03-07-2008, 11:00 PM
Allora, Mira , questo è uno:
<!-- m --><a class="postlink" href="http://www.ibs.it/code/9788876151392/del-vecchio-berarda/adorazione-del-piede.html">http://www.ibs.it/code/9788876151392/de ... piede.html</a><!-- m -->
Una recensione:
L'adorazione del piede di Berarda Del Vecchio
Epistemologia dell'alluce
Una piccola casa editrice, Alberto Castelvecchi, propone un libro quanto meno insolito: ne è autrice una giovane studiosa, Berarda Del Vecchio (classe 1978). Titolo del libro: L’adorazione del piede.
Diciamo subito che l’editrice Castelvecchi merita un caloroso elogio per aver proposto un tema poco frequentato, e inoltre per aver offerto un prodotto graficamente e iconograficamente bello. Le immagini, a colori e in bianco e nero, sono state scelte con intelligenza e con gusto, anche se il filo conduttore di materiali tanto eterogenei, dal Cristo morto di Mantegna ai tacchi a spillo, è sottile.
Un discorso più lungo spetta ai contenuti che, almeno in parte, finiscono per contraddire il titolo provocatorio. La non ancora trentenne Berarda (nome insolito che si presterebbe a maliziose variazioni di enigmistica) ha scritto quasi una enciclopedia del piede, esplorando il tema proposto da ogni punto di vista, tant’è che, sia pure in appendice, figura un ricettario di medicamenti utili alle estremità, nonché un dizionarietto dei proverbi e dei modi di dire interessanti le stesse estremità, le scarpe e le calze. Aforismi sempre attuali: “Tenere un piede in due staffe” e meglio ancora “Fare le scarpe a qualcuno”. Al dunque, non ci sarebbe molto da adorare. Non farei gravi rimproveri a Berarda Del Vecchio, che è intelligente, arguta, spregiudicata e che scrive con garbo, con efficacia (oserei suggerirle di cimentarsi con la narrativa, abbandonando il progetto, reso noto da Panorama, di dedicarsi a un pamphlet antimaschilista, da intitolare Sdraiami – orrore!).
Forse Berarda sbaglia quando si abbandona alla sua bulimia conoscitiva, e dei piedi parla adottando ogni possibile angolo visuale: così la trattazione si muove nel mondo dell’arte, del favoloso Oriente (India e Cina, la seconda dove il tristo costume della fasciatura si esaurisce meno di cento anni fa), dell’erotismo, del sacro, del cattolicesimo sessuofobico, del mitologico e del patologico, com’è per l’infelice Achab cui la Balena Bianca ha mozzato una gamba.
Troppa roba, per costruire un testo omogeneo, armonioso. Se Berarda avesse limitato la sua esposizione al mondo dell’arte, magari della sola letteratura, probabilmente avrebbe scritto qualcosa di memorabile. Invece, psicologia e psicanalisi, al cui responso l’autrice in qualche modo si attiene, offrono strumenti interpretativi alquanto ovvi: distinguere tra feticismi grandi e piccini è alla portata di tutti, e tutti capiscono che un conto è concentrare su un determinato oggetto un’attenzione esclusiva, maniacale, e altro conto è includere quell’oggetto, cioè il piede, in un insieme al quale rivolgere tenerezza, affetto o, perché no, passione.
Vale la pena di citare testualmente l’autrice, perché qui, forse, la materia le scappa un po’ di mano. A pagina 155 è detto: “Chi ama in maniera sana e ha una propensione verso i piedi – tanto da metterli fra le prime cose da guardare in una persona – non ha sicuramente bisogno di andare in analisi. Amare spassionatamente queste due deliziose estremità, volerle toccare, baciare e leccare, soprattutto quando appartengono alla persona con cui ha una relazione, è del tutto normale. Il piede ha il diritto di essere messo allo stesso livello di una mano o di un seno….”.
Il corsivo riservato all’avverbio “soprattutto” è mio: vuole indicare, stando al senso letterale del periodo, che una leccata di piedi, affabile, galante o riverente, potrebbe benissimo far parte delle costumanze di tutta la gente oltre che degli innamorati. Il che è molto vero in senso metaforico, è più difficile in senso concreto. Dalla citazione che precede non desumo che Berarda sia una pervertita: le piacciono i piedi, niente di male. Mi spingo ancora più in là: fatta eccezione per i personaggi alla Jack lo Squartatore, non esistono amori malsani, ciascuno ama come sa e come può. Una più attenta riflessione sugli scrittori pedofili avrebbe condotto a conclusioni più problematiche e meno egualitarie (il piede è molto diverso da una mano o da un seno).
Rétif de la Bretonne e Leopold von Sacher-Masoch non esauriscono il catalogo; quanto ad Alessandro Piperno, è una ingenuità riservargli un’ampia citazione, dimenticando Mario Praz e peggio ancora Petrarca (Le Rime, 208, dove il Poeta affida al Rodano una particolare missione: “Baciale il piede e la man bella e bianca…..”). A tacere del cinema, quando (1958) apparve il film La bocca della verità, desunto da un romanzo di Joyce Cary: nel film, l’immortale Alec Guinness, interpretando il ruolo di un eccentrico, metà barbone e metà pittore, a un punto proclama di essere ispirato
soltanto dai piedi. Alec Guinness, che strepita: “Piedi! Piedi! Non vedo che piedi!”, paradossalmente è uno dei momenti più alti nella carriera dell’attore e nella storia del cinema. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi. Il punto è che Berarda, muovendosi tra le scienze dell’anima e il sommo Richard Krafft-Ebing, padre della psicopatologia sessuale, sbaglia nel voler esorcizzare i vapori sulfurei che il piede sprigiona (non solo quando è sporco o sudato).
Costretto nelle scarpe oramai da millenni, probabilmente è la parte del nostro corpo che meno si è evoluta (nelle scimmie, che mai hanno usato le scarpe, le estremità superiori e inferiori sono abbastanza simili). Si può azzardare la supposizione
che il piede abbia conservato un quid di ferino, di primordiale e che, almeno nella fantasia, esprima quanto di barbarico se non di feroce residua nella natura umana. Certo non ha l’innocenza della bottiglia del latte. Baciarlo o a maggior ragione leccarlo non è una carineria qualsiasi: è un gesto di sottomissione, è un degradarsi, sia pur avvertendo una ebbrezza segreta, è una incursione nella zona delle trasgressioni, dei tabù inconsci. Pierre Louys, altro scrittore dimenticato dalla nostra autrice, conclude il suo La Femme et le Pantin (romanzo che ha ispirato registi quali Von Sternberg, Duvivier e Buñuel) con una battuta che compendia il servaggio del maschio soggiogato dalla femmina: “Bacio i tuoi piedi nudi”. Vorrei che Berarda tornasse a scrivere dei piedi, non per dissiparne l’alone remotamente infernale, semmai per interpretare e intendere il significato di quell’alone. Chi sa. Da scrittrice eccentrica e un tantino scandalistica diventerebbe scrittrice sensuale, magica, seduttiva. A quel punto molti dei suoi lettori potrebbero desiderare di baciarle i piedi nudi.
Cenerentola: personaggio obbligatorio, parlando di piedi “piccoli e deliziosi” (così molto spesso Berarda). In un vecchio film di Castellani, Sotto il sole di Roma, Alberto Sordi invita a ballare una ragazza, e poi le intima: “Lavati le fette!”
Dorella Oriella: ho avuto il privilegio di conoscerla, e di ammirarne i luminosi occhi azzurri. Mi spiegò che la danza è diversa da come viene immaginata, che è soprattutto fatica: mi mostrò i suoi piedi, piccoli e deliziosi, ma duramente segnati dallo sforzo
Euridice: muore per il morso di una serpe, la serpe le morde un piede
Melato Mariangela: giovanissima, incantevole, nel film Per grazia ricevuta di Nino Manfredi, starebbe per fare la fine di Euridice, se lo stesso Manfredi, con una vigorosa suzione, non la liberasse dal veleno. La suzione appare sempre più appassionata e sempre meno terapeutica
Occhio di pernice: è la callosità più dolorosa tra quelle che funestano le dita dei piedi. Posso aver letto sbadatamente, ma il libro offre un rimedio per tutto tranne che per questa piccola, tormentosa escrescenza
Piede: è anche una parte del verso greco e latino, formata di più sillabe lunghe e brevi. Che i piedi appartengano anche alla poesia, anzi che siano poesia è una circostanza meritevole di riflessione
L'altro (solo 100 pagine però, non so quanto si possa approfondire l'argomento in così poco):
<!-- m --><a class="postlink" href="http://www.libreriauniversitaria.it/piedi-amore-prolegomeni-nuova-simbologia/libro/9788887495652">http://www.libreriauniversitaria.it/pie ... 8887495652</a><!-- m -->
Ho trovato anche questo, ma a cercare con più tempo a disposizione e calma, magari si trova ancora altro:
<!-- m --><a class="postlink" href="http://www.rossoscarlatto.com/public/709.asp">http://www.rossoscarlatto.com/public/709.asp</a><!-- m -->
<!-- m --><a class="postlink" href="http://www.rossoscarlatto.com/public/708.asp">http://www.rossoscarlatto.com/public/708.asp</a><!-- m -->
<!-- m --><a class="postlink" href="http://www.nipponico.com/dizionario/f/feticismopiedi.php">http://www.nipponico.com/dizionario/f/f ... opiedi.php</a><!-- m -->
Non li ho letti, in verità, li ho messi nei segnalibri e me li leggo domani.
<!-- m --><a class="postlink" href="http://www.ibs.it/code/9788876151392/del-vecchio-berarda/adorazione-del-piede.html">http://www.ibs.it/code/9788876151392/de ... piede.html</a><!-- m -->
Una recensione:
L'adorazione del piede di Berarda Del Vecchio
Epistemologia dell'alluce
Una piccola casa editrice, Alberto Castelvecchi, propone un libro quanto meno insolito: ne è autrice una giovane studiosa, Berarda Del Vecchio (classe 1978). Titolo del libro: L’adorazione del piede.
Diciamo subito che l’editrice Castelvecchi merita un caloroso elogio per aver proposto un tema poco frequentato, e inoltre per aver offerto un prodotto graficamente e iconograficamente bello. Le immagini, a colori e in bianco e nero, sono state scelte con intelligenza e con gusto, anche se il filo conduttore di materiali tanto eterogenei, dal Cristo morto di Mantegna ai tacchi a spillo, è sottile.
Un discorso più lungo spetta ai contenuti che, almeno in parte, finiscono per contraddire il titolo provocatorio. La non ancora trentenne Berarda (nome insolito che si presterebbe a maliziose variazioni di enigmistica) ha scritto quasi una enciclopedia del piede, esplorando il tema proposto da ogni punto di vista, tant’è che, sia pure in appendice, figura un ricettario di medicamenti utili alle estremità, nonché un dizionarietto dei proverbi e dei modi di dire interessanti le stesse estremità, le scarpe e le calze. Aforismi sempre attuali: “Tenere un piede in due staffe” e meglio ancora “Fare le scarpe a qualcuno”. Al dunque, non ci sarebbe molto da adorare. Non farei gravi rimproveri a Berarda Del Vecchio, che è intelligente, arguta, spregiudicata e che scrive con garbo, con efficacia (oserei suggerirle di cimentarsi con la narrativa, abbandonando il progetto, reso noto da Panorama, di dedicarsi a un pamphlet antimaschilista, da intitolare Sdraiami – orrore!).
Forse Berarda sbaglia quando si abbandona alla sua bulimia conoscitiva, e dei piedi parla adottando ogni possibile angolo visuale: così la trattazione si muove nel mondo dell’arte, del favoloso Oriente (India e Cina, la seconda dove il tristo costume della fasciatura si esaurisce meno di cento anni fa), dell’erotismo, del sacro, del cattolicesimo sessuofobico, del mitologico e del patologico, com’è per l’infelice Achab cui la Balena Bianca ha mozzato una gamba.
Troppa roba, per costruire un testo omogeneo, armonioso. Se Berarda avesse limitato la sua esposizione al mondo dell’arte, magari della sola letteratura, probabilmente avrebbe scritto qualcosa di memorabile. Invece, psicologia e psicanalisi, al cui responso l’autrice in qualche modo si attiene, offrono strumenti interpretativi alquanto ovvi: distinguere tra feticismi grandi e piccini è alla portata di tutti, e tutti capiscono che un conto è concentrare su un determinato oggetto un’attenzione esclusiva, maniacale, e altro conto è includere quell’oggetto, cioè il piede, in un insieme al quale rivolgere tenerezza, affetto o, perché no, passione.
Vale la pena di citare testualmente l’autrice, perché qui, forse, la materia le scappa un po’ di mano. A pagina 155 è detto: “Chi ama in maniera sana e ha una propensione verso i piedi – tanto da metterli fra le prime cose da guardare in una persona – non ha sicuramente bisogno di andare in analisi. Amare spassionatamente queste due deliziose estremità, volerle toccare, baciare e leccare, soprattutto quando appartengono alla persona con cui ha una relazione, è del tutto normale. Il piede ha il diritto di essere messo allo stesso livello di una mano o di un seno….”.
Il corsivo riservato all’avverbio “soprattutto” è mio: vuole indicare, stando al senso letterale del periodo, che una leccata di piedi, affabile, galante o riverente, potrebbe benissimo far parte delle costumanze di tutta la gente oltre che degli innamorati. Il che è molto vero in senso metaforico, è più difficile in senso concreto. Dalla citazione che precede non desumo che Berarda sia una pervertita: le piacciono i piedi, niente di male. Mi spingo ancora più in là: fatta eccezione per i personaggi alla Jack lo Squartatore, non esistono amori malsani, ciascuno ama come sa e come può. Una più attenta riflessione sugli scrittori pedofili avrebbe condotto a conclusioni più problematiche e meno egualitarie (il piede è molto diverso da una mano o da un seno).
Rétif de la Bretonne e Leopold von Sacher-Masoch non esauriscono il catalogo; quanto ad Alessandro Piperno, è una ingenuità riservargli un’ampia citazione, dimenticando Mario Praz e peggio ancora Petrarca (Le Rime, 208, dove il Poeta affida al Rodano una particolare missione: “Baciale il piede e la man bella e bianca…..”). A tacere del cinema, quando (1958) apparve il film La bocca della verità, desunto da un romanzo di Joyce Cary: nel film, l’immortale Alec Guinness, interpretando il ruolo di un eccentrico, metà barbone e metà pittore, a un punto proclama di essere ispirato
soltanto dai piedi. Alec Guinness, che strepita: “Piedi! Piedi! Non vedo che piedi!”, paradossalmente è uno dei momenti più alti nella carriera dell’attore e nella storia del cinema. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi. Il punto è che Berarda, muovendosi tra le scienze dell’anima e il sommo Richard Krafft-Ebing, padre della psicopatologia sessuale, sbaglia nel voler esorcizzare i vapori sulfurei che il piede sprigiona (non solo quando è sporco o sudato).
Costretto nelle scarpe oramai da millenni, probabilmente è la parte del nostro corpo che meno si è evoluta (nelle scimmie, che mai hanno usato le scarpe, le estremità superiori e inferiori sono abbastanza simili). Si può azzardare la supposizione
che il piede abbia conservato un quid di ferino, di primordiale e che, almeno nella fantasia, esprima quanto di barbarico se non di feroce residua nella natura umana. Certo non ha l’innocenza della bottiglia del latte. Baciarlo o a maggior ragione leccarlo non è una carineria qualsiasi: è un gesto di sottomissione, è un degradarsi, sia pur avvertendo una ebbrezza segreta, è una incursione nella zona delle trasgressioni, dei tabù inconsci. Pierre Louys, altro scrittore dimenticato dalla nostra autrice, conclude il suo La Femme et le Pantin (romanzo che ha ispirato registi quali Von Sternberg, Duvivier e Buñuel) con una battuta che compendia il servaggio del maschio soggiogato dalla femmina: “Bacio i tuoi piedi nudi”. Vorrei che Berarda tornasse a scrivere dei piedi, non per dissiparne l’alone remotamente infernale, semmai per interpretare e intendere il significato di quell’alone. Chi sa. Da scrittrice eccentrica e un tantino scandalistica diventerebbe scrittrice sensuale, magica, seduttiva. A quel punto molti dei suoi lettori potrebbero desiderare di baciarle i piedi nudi.
Cenerentola: personaggio obbligatorio, parlando di piedi “piccoli e deliziosi” (così molto spesso Berarda). In un vecchio film di Castellani, Sotto il sole di Roma, Alberto Sordi invita a ballare una ragazza, e poi le intima: “Lavati le fette!”
Dorella Oriella: ho avuto il privilegio di conoscerla, e di ammirarne i luminosi occhi azzurri. Mi spiegò che la danza è diversa da come viene immaginata, che è soprattutto fatica: mi mostrò i suoi piedi, piccoli e deliziosi, ma duramente segnati dallo sforzo
Euridice: muore per il morso di una serpe, la serpe le morde un piede
Melato Mariangela: giovanissima, incantevole, nel film Per grazia ricevuta di Nino Manfredi, starebbe per fare la fine di Euridice, se lo stesso Manfredi, con una vigorosa suzione, non la liberasse dal veleno. La suzione appare sempre più appassionata e sempre meno terapeutica
Occhio di pernice: è la callosità più dolorosa tra quelle che funestano le dita dei piedi. Posso aver letto sbadatamente, ma il libro offre un rimedio per tutto tranne che per questa piccola, tormentosa escrescenza
Piede: è anche una parte del verso greco e latino, formata di più sillabe lunghe e brevi. Che i piedi appartengano anche alla poesia, anzi che siano poesia è una circostanza meritevole di riflessione
L'altro (solo 100 pagine però, non so quanto si possa approfondire l'argomento in così poco):
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Ho trovato anche questo, ma a cercare con più tempo a disposizione e calma, magari si trova ancora altro:
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Non li ho letti, in verità, li ho messi nei segnalibri e me li leggo domani.