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GAMBE E PIEDI
#42
sognatrice Ha scritto:Beh... io penso che ognuno di noi è legato ai suoi luoghi, nord o sud che sia. Io, che sono del sud, potrei dirti che il sud è una categoria dell'anima, che ogni siciliano sente la sua "sicilianità", in maniera più o meno consapevole, e che lo accompagnerà sempre una nostalgia struggente per la sua terra, se lontano... Sarà il fattore dell'insularità...
I "napoletani" (e con questo intendo anche chi, oggi, per loro) non andrebbero via dalla loro "Napoli"... se non per necessità - o per i semplici casi della vita (anche belli, anche positivi).

(A proposito: un libro istruttivo sulla immigrazione? L'orda. Quando gli albanesi eravamo noi, di Gian Antonio Stella. "Albanesi" o, se vuoi, terroni, sud e nord compreso).

Comunque, a parte tutto, il "campanile" a me non interessa...

Sai, avevo capito tutto anche in dialetto; anche la versione originale di "Chi volta il cü a Milàn, volta il cü al pàn !" :roll:
Si vede che sono uno spirito internazionale...

Naturalmente era un gioco, e tu lo sai, piccola Normanna,
" U niero, è niero!" (Chiedo venia per gli accenti, non scrivo, con frequenza, in catanese)
(però è vero, il WWF dovrebbe proteggerci, come etnìa in estinzione)

Ho molti cari amici, sull'isola, e sono tutti "gran signori".
Come tu mi potresti, di certo insegnare, se un siciliano è un "signore", è sempre un "gran signore".

In siculo, anzi, in trapanese, credo, a te scriverei, o meglio, canterei:
" Io cu-ttia vulissi_partiri,
in una varca, per nun_ turtnare ecchiù,
e vasarti tra il cielo_e lu mari,
picchè l'unicu bene_sii tu.
:bacino1:
Come l'unna
bedduzza_m'appari
(...) cun li tui FF_niere,
e u cursettu du gusto_retrò

:amore:

Naturalmente ho letto Stella, che nei libri trovo, a dir il vero, un po' noioso.
Anche perchè, per vizio di famiglia, leggo tutte le mattine il "Corriere", compresi gli editoriali di Stella.
Sai, non sempre riesco a trovare "L'ora".

Consiglierei, più interessante, di un tuo conterraneo, "Blood of my blood" di Richard Gambino (1978, credo).
Temo non esista un'edizione italiana.

Sai che nei records di "Ellis Island", on line, ho trovato, anni fa, la registrazione dell'arrivo a NewYork di mio nonno, nel 1904 (non stare a fare i conti, in famiglia, i maschi fanno i figli in età matura).
Pensa, oltre alla foto della nave, ci sono tutti i dati del suo viaggio e persino la copia fotostatica del registro di bordo, con la sua firma autografa.
Il nonno, aveva 24 anni, era un Ingegnere, laureato a Bologna, e già specializzato con Master a Londra.
Che ci faceva su quella nave, carica di povera gente del sud, analfabeta, in cerca di fortuna?
Andava a tenere (si, a tenere, non ad assistere, e a 24 anni) una conferenza, insieme al suo amico Alberto Pirelli, che, in seguito fondò una piccola azienda di pneumatici, alla Columbia University, a NewYork (ho ancora un paio di album fotografici dell'evento, con il lungo corteo di automobili (1904!!) che scortarono il suo arrivo , e foto di incredibili grattacieli di Manhattan, parte ancora esistenti, con sotto, in strada, il tram a cavalli che passava.

Per il nonno, NewYork, era il punto di partenza del suo primo giro del mondo (non in 80 giorni, ma in oltre un anno, e nel senso inverso).
Per i passeggeri di terza classe, NewYork, era il punto di partenza di una nuova vita, di Mafia o di lavoro onesto, di miseria o di ricchezza ( a Little Italy, ho letto uno striscione, più di vent'anni fa, che diceva, con orgoglio: "America: l'abbiamo scoperta, l'abbiamo costruita, l'abbiamo difesa, l'abbiamo resa grande")
Il nonno tenne un diario di viaggio, come usava allora. E la parte relativa alla traversata, è un analisi attenta, delle miserie, delle sofferenze, delle emozioni, e delle speranze dei suoi compagni di viaggio, affamati, malati e pieni di pidocchi, che andavano, inconsapevoli, tre ponti sotto di lui, dove per cena non ci si metteva lo smoking, a costruire e a rendere grande l'America. Alcuni ci andavano con solo un paio di scarpe consunte, il vestito liso che portavano addosso, un unico paio di non piu candide mutande, che, tre ponti sopra, chiamavano "coulotte". (E anche questa volta sono rimasto in tema Tongue :oops: Perdinci, qui siamo in "gambe e piedi" ) ...
...Giù, in quella stiva buia e affollata, con l'aria malsana e maleodorante di vomito e sudore, dove la paura del domani tutti accomunava insieme alla totale ignoranza delle lingua del loro nuovo Paese, quell'inestricabile groviglio di "gambe e piedi", resi malfermi dalle privazioni, era pronto a mettersi in marcia. Pronto a percorrere quel lungo cammino, irto di umiliazioni e fatica, che un giorno avrebbe portato alcuni dei loro figli, nati americani, a raggiungere, a testa alta, e con l'orgoglio del proprio nome, le posizioni di maggiore prestigio dell'establishment, senza mai dimenticare, nel profondo del cuore, la loro isola lontana e trinaricciuta. (me la sono cavata? Smile )
Buongustaio
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